La difesa narcisistica contro gli altri

Pubblicato il 3 ottobre 2014 | Categoria: Featured, La psicoanalisi, Psicologia

Il termine “narcisismo” deriva dal mito greco di Narciso. Narciso era un bellissimo giovane di cui si innammorò la ninfa Eco. Eco era incapace di esprimere il proprio amore perchè condannata a parlare soltanto ripetendo le parole che udiva. Narciso si prese gioco di lei ed Eco morì di crepacuore. Per punizione gli Dei condannarono Narciso ad innammorarsi della propria immagine riflessa nell’acqua fin quando, anche per lui, non giunse la morte.
Entrambi, Eco e Narciso, riflettono i caratteri del disturbo narcisista.

Eco in quanto incapace di amare, il mito vuole che non le fosse possibile pronunciare “ti amo” se non dopo averlo sentito dall’altro, Narciso perchè sempre attatto da altro incapace, quindi, di accorgersi dell’amore.

Ma cosa è il disturbo narcisista della personalità?

Il disturbo narcisista della personalità, che porta le persone che ne sono afflitte a considerare sempre e solo sé stesse e sentirsi il centro dell’universo, nasce nella prima infanzia, come descritto dallo psicoterapeuta austrico Heinz Kohut, ed ha alla base un meccanismo di difesa nei confronti dell’invadenza degli altri. Secondo Kohut, che per primo descrisse questo disturbo negli anni ’70 del 900, la causa va cercata nell’iniziale rapporto genitore figlio. Di solito è la figura materna ad essere troppo invasiva ed incapace di accettare la conquista dell’autonomia da parte del piccolo nelle sue fasi della crescita.

Come reazione all’invadenza della figura materna si sviluppa un ego distorto e sempre diffidente verso gli altri, tutti visti come potenziali “invasori” dei propri spazi personali. Per impedire che questo avvenga il narcisista sviluppa un Sè, un’immagine di sè, megalomane che deve sempre essere al centro dell’attenzione ed impedire che gli altri possano prendere il sopravvento e, in qualche modo, ridimensionarlo o soffocarlo. In pratica il proprio sè deve occupare tutto lo spazio intorno, allo scopo di impedire che lo spazio personale venga invaso dagli altri.

E’ quindi una reazione dettata, soprattutto, da paura una specie di “difendersi attaccando” che può essere limitata ad alcuni aspetti della personalità o invaderla interamente. Questo meccanismo, che genera una immagine distorta del Sè, è stata approfondita dallo psicoterapeuta inglese Donald Winnicot che ha descritto questo disturbo nel suo lavoro “il falso Sè”.

Il Falso Sé

Il Falso Sé cioè la propria immagine, in termini meno psicanalitici, anche secondo Winnicot è causato dal rapporto primario madre-bambino. Un rapporto insoddisfacente che è causato da una madre che viene definita “insufficientemente buona” in quanto incapace di soddisfare i bisogni di crescita del bambino e, quindi, di presentargli il mondo in tutti i suoi aspetti, anche quelli traumatizzanti che servono per limitare l’iniziale senso di onnipotenza di cui sono dotati i bambini. Inizialmente, infatti, è importante che il bambino sperimenti l’onnipotenza soggettiva, vivendo nell’illusione di essere lui (con i suoi desideri) a gestire “l’oggetto materno” che rappresenta l’intero universo. Successivamente, grazie all’esperienza e quello che Winnicot definisce l’oggetto transizionale, cioè un periodo in cui si passa dall’onnipotenza di se alla scoperta del mondo “gli oggetti esterni”, potrà muoversi verso un terreno di realtà condivisa, meno egocentrico. Per fare ciò ha bisogno di una madre che Winnicot definisce “ sufficientemente buona”  che lo sottoponga a delle frustrazioni dette” ottimali”, cioè che possano essere acquisite dal bimbo in maniera non traumatizzante. La madre non sufficientemente buona, invece, interrompe bruscamente l’onnipotenza soggettiva del bambino che è portato a rifiutare la realtà proposta perchè troppo traumatizzante impedendo la crescita del vero sé.

Il Falso Sé è quindi una patologia ambientale dovuta ad una carenza nelle cure materne. Dal punto di vista psicoanalitico questo è un approccio molto importante perchè trova le origini della patologia non più nella teoria del conflitto, tipica della psicoanalisi freudiana dell’Io e delle concezioni kleiniane, ma nella teoria del deficit, teoria che presuppone l’assenza o la carenza di importanti elementi dello sviluppo.

Il disturbo patologico narcisista denota quindi un netto spostamento sul falso Sè, o immagine di Sè, a scapito del vero Sè, pur mantenendone la consapevolezza.

La psicoterapia classica presenta il narcisismo come un disturbo della strutturazione della personalità che è generato da una patologia del super-io, ovvero dalla disfunzionalità, che può arrivare all’assenza completa, di quella struttura fondamentale della mente che impone i limiti morali, le regole e le normative realistiche. In questo modo in nostro Io è libero di gestire il piacere e la realizzazione personale, praticamente senza limiti.

In altri termini, in assenza di un super-io ben strutturato, si realizza una carenza del senso del dovere e del senso morale, un abuso del principio del piacere ai danni del principio della realtà, con una conseguente assenza di capacità autocritica e di visione realistica delle cose che porta ad un rapporto sbilanciato con la realtà, con l’ambiente circostante e, sopratutto,con le persone. Gli approcci diversi, dal punto di vista terapeutico, non sono in conflitto ma si integrano.

Il narcisista, in tutte le sue forme (dell’io, nevrotico o borderline), diffida del terapeuta, dal quale ha paura di essere scoperto e giudicato, rendendo molto difficoltosa l’indagine piscoanalitica.

Il dr. Guglielmo Campione, parlando di narcisismo, individua dei precisi comportamenti del soggetto, ovvero “Una persona narcisista patologica si riconosce da comportamenti “emotivi” o “drammatici”, oltre che da mancanza di empatia e altruismo da parte del soggetto. Il narcisismo patologico puo manifestarsi nelle varianti antisociale, borderline, istrionico/isterico. Il primo è caratterizzato da condotte delinquenziali predatorie e violente, il secondo da impulsività, abuso di droghe, instabilita dell’umore, difficolta relazionali marcate; il terzo dal prevalere di modalita drammatico teatrali di comportamento sociale. La vita relazionale con i narcisisti è difficile oltreché sterile in ragione del fatto che non si esiste per l’altro come persona, ma solo come strumento per l’esaudimento dei bisogni di potere, attenzione, cura, affetto, considerazione dei bisogni del narcisista. Lo/la stalker (molestatore/trice) è spesso un narcisista parologico. È fondamentale pertanto tutelare la propria dignità di persona e non derogare su questo, esplicitando che proprio perchè il soggetto narcisistico è ipersensibile alla svalutazione e alla disattenzione relazionale può altrettanto bene cercare di capire che effetto possono quest’ultime sortire sull’altro soggetto“.

Il trattamento del disturbo può avere successo se il terapeuta, sapendo che le radici del disturbo affondano nel rapporto genitore – bambino, riuscirà a penetrare in profondità cercando di riattivare questo canale con una pratica analitica retrospettiva.