L’ansia ti salverà vita (aumentando la possibilità di sopravvivenza dopo un infarto)

Pubblicato il 10 aprile 2018 | Categoria: Featured, Psicologia, Psicologia e vita quotidiana

ansia e infarto: il legame

Ansiosi di tutto il mondo, ecco la notizia che stavate aspettando: l’ansia può salvarvi la vita! Potrà sembrarvi strano ma è così. O, almeno, questo è ciò che sostiene un team di ricercatori della Technical University of Munich (TUM), che ha scoperto come le persone ansiose godano di una maggiore sensibilità, rispetto alla popolazione generale, che li induce a riconoscere in tempi brevi i sintomi di un attacco cardiaco – fattore che porta a recarsi con maggiore tempestività al pronto soccorso, aumentando così le chance di sopravvivenza. Sembrerà curioso (e a tratti paradossale) ma è proprio così.

Ansia: quando (a volte) rappresenta un’utile arma di difesa

L’ansia, come purtroppo molti sanno, impedisce a coloro che ne soffrono di vivere serenamente il proprio quotidiano. Le azioni e i pensieri sono influenzati dalla paura e dall’ansia anticipatoria, spesso irrazionale e irrealistica, che qualcosa di brutto stia per accadere. Queste preoccupazioni provocano uno stato di allerta perenne che la scienza ha ormai correlato ad un aumento del rischio di malattie cardiovascolari, infarti o ictus.

L’ansia è dunque uno dei nemici principali del nostro benessere psicofisico ma al tempo stesso rappresenta anche un indubbio vantaggio evolutivo: è infatti considerata un’efficace meccanismo di difesa utile, fin dagli albori dell’umanità, a proteggerci dai pericoli e tale da farci reagire nelle situazioni di emergenza.

Ed è proprio questo che hanno dimostrato i ricercatori della TUM guidati dal dr. Karl-Heinz Ladwig, che hanno scoperto come i disturbi d’ansia possono costituire un vantaggio nel caso si verificasse un attacco di cuore.

L’ansia riduce il rischio di infarto? No, ma aumenta la sopravvivenza

Lo studio si è svolto a partire dai dati raccolti dallo studio MEDEA, condotto sui pazienti sopravvissuti ad infarto acuto del miocardio. I partecipanti, in totale 619 pazienti, sono stati intervistati nelle 24 ore successive la loro dimissione dal reparto di terapia intensiva. Tra i dati raccolti ed esaminati dal gruppo della TUM sono stati presi in considerazione l’orario di arrivo in ospedale e il decorso della malattia.

L’articolo, pubblicato sulla rivista Clinical Research in Cardiology, mette in evidenza come, malgrado l’ansia rappresenti un fattore di rischio per lo sviluppo di malattie cardiovascolari, le persone che ne soffrono sembrano essere più ricettive ai cambiamenti del proprio corpo, grazie al loro stato di allerta costante, che gli permette anche nel caso di un infarto di cogliere rapidamente i primi sintomi e di recarsi al pronto soccorso in tempi brevi, elemento che aumenta i tassi di sopravvivenza dei soggetti ansiosi.

Su un totale di 619 pazienti con un episodio di infarto del miocardio, circa il 12% di questi risultava affetto da disturbo d’ansia generalizzato (DAG).

Secondo i dati considerati, le donne con DAG sono arrivate al pronto soccorso una media di 112 minuti dopo aver notato i primi sintomi, contro una media di 238 minuti delle donne senza sintomi ansiosi. Insomma, più del doppio del tempo! Nel caso di infarto, come sappiamo, il fattore tempo è fondamentale. Secondo un rapporto fornito dalla National Academy of Sciences, ogni frazione di mezz’ora che passa dall’inizio di un infarto senza che sia richiesto un intervento medico riduce le probabilità di sopravvivenza, così come la possibilità di sopravvivere senza disabilità permanenti.

Nel caso del sesso maschile, invece, i dati emersi non mostrano un’associazione tra i livelli d’ansia e il tempo di arrivo dei pazienti in ospedale così significativa come nel sesso femminile. Anche in questo caso, però, i soggetti ansiosi sono risultati quelli più veloci nel giungere in ospedale, circa 48 minuti prima dei soggetti privi di sintomi ansiosi.

«I nostri dati hanno rivelato un fattore importante. Gli individui con disturbo d’ansia hanno un maggior rischio di incorrere in un attacco di cuore, ma sono anche quelli più propensi a sopravvivere – ha dichiarato l’autore, il dr. Karl-Heinz Ladwig in un comunicatoIn particolare le donne che soffrono di disturbi d’ansia sono i soggetti più sensibili nei confronti del loro stato di salute. Riconoscono prima i sintomi di un attacco cardiaco, quindi rigidità muscolare, nausea, vomito, vertigini, sensazione di oppressione al petto e mancanza di respiro, fattori che le inducono a ricercare nell’immediato l’intervento medico – continua – L’evidenza sorprendente cui sembra giungere questo studio è quella che una malattia pervasiva come l’ansia può aiutare a proteggerci da un’altra grave malattia, l’infarto».

Si tratta di scegliere il male minore, dunque? Non proprio. I costi psicologici di questo “vantaggio di sopravvivenza” sono alti. Anche se come abbiamo visto l’ansia può rappresentare in determinati casi un vantaggio, la maggior parte delle persone che ci convivono sono pronti a giurare che non c’è nulla di positivo, anzi! La vita con disturbo d’ansia generalizzato oltre a rappresentare un grosso stress dal punto di vista emotivo e psicologico ha dei risvolti negativi anche dal punto di vista fisico. Può infatti causare dolori fisici, stanchezza, irritabilità, sintomi depressivi e può persino imperdirci di vivere a pieno la nostra vita.

Eppure, la scoperta dei ricercatori tedeschi, ci induce a riconsiderarla in chiave positiva. 
Una magra consolazione? Forse.  Almeno, da oggi, qualcosa di positivo sembra esserci perfino nell’ansia!