I bambini e l’ansia da separazione

Pubblicato il 22 maggio 2015 | Categoria: Essere genitori, Featured, Lifestyle

Se siete portati a pensare che l’ansia sia esclusiva degli adulti, dovrete ricredervi. I disturbi legati all’ansia si manifestano anche nei bambini e non devono essere sottovalutati.

Tra i disturbi dei bambini, quello più temuto, per i pesanti risvolti familiari, è la cosiddetta ansia da separazione.

Si manifesta, fortunatamente, con una casistica limitata al 4% dei bambini, soprattutto in età prescolare, tra i 3 e i 6 anni, e la manifestazione più significativa è il rifiuto di andare all’asilo o a scuola. Molto spesso i genitori non riescono a spiegarsi il problema, visto che il bambino, in precedenza, si è sempre dimostrato socievole anche in ambienti e con persone non conosciute.

Come mai, allora, sviluppa questo disturbo pur essendo più grande?

Diamo un’occhiata al disturbo, che è conosciuto con l’acronimo inglese SAD, da una tipica prospettiva evolutiva. Nei primi mesi di vita, la presenza di estranei non provoca alcuna reazione particolare al bambino. E’ intorno al compimento del primo anno di età che la maggior parte dei bambini iniziano a riconoscere la differenza tra un volto familiare, come quello dei genitori e una persona sconosciuta. Il cervello del bambino costruisce una rappresentazione mentale di un genitore, ed è in grado di distinguere mamma e papà da qualcun altro. E’ il primo sviluppo evolutivo applicato alla pratica quotidiana, che serve per garantire serenità e sicurezza al bambino. Sentendosi sicuri e sempre sotto la protezione dei genitori, i bambini, ad 1 anno di età, diventano consapevoli della loro libertà di movimento e iniziano a esplorare l’ambiente circostante in modo autonomo e, dal punto di vista degli adulti, molto spericolato.

Crescendo, sembrerebbe logico pensare che la sicurezza e l’autonomia aumentino mentre, al contrario, spesso si aggrappano ai genitori, sono più esigenti e spesso rifiutano persino di giocare da soli. Paradossalmente, questo risultato dello sviluppo rappresenta un importante e corretto passaggio evolutivo. Infatti, i bambini di questa età, tra 1 e 2 anni, hanno acquisito la consapevolezza che esiste un mondo esterno ampio e potenzialmente pericoloso e capiscono di avere bisogno di protezione.

Con l’età cresce anche la tensione tra la curiosità per le scoperte da fare in autonomia e la paura di trovarsi soli, quindi senza protezione. Episodi di ansia da separazione, verso i 3 a 4 anni di età, sono del tutto normali. I bambini hanno paura di andare a letto da soli di notte, o fanno i capricci se affidati alla babysitter e, ancora più spesso, quando inizia la scuola.

Quando il livello di ansia è troppo elevato, il bambino vive un disagio reale e profondo che non riesce a sopportare. In questi casi, si parla di disturbo di ansia da separazione, SAD, cioè una condizione dell’infanzia in cui, praticamente, ogni distacco da un genitore è vissuto come un pericolo mortale. E’ uno stato di vero, seppur ingiustificato, panico. Di fronte alla separazione dai genitori, non c’è praticamente nulla che può calmare questi bambini. I loro pensieri e sentimenti si rivolgono inevitabilmente al peggio, sia per loro che per i loro genitori e temono di dover rimanere soli e senza protezione. Solo la presenza dei genitori li rassicura.

In un ambiente nuovo e non familiare come la scuola, sperimentano gli aspetti fisici del panico e sono letteralmente consumati dalla paura di essere stati abbandonati. Spesso diventano ossessionati nella convinzione che qualcosa di terribile accadrà ai loro genitori. In genere, i bambini con forme più lievi di questo disturbo riescono a calmarsi una volta entrati in classe, socializzando con gli altri bambini e gli insegnanti. Per questi bambini la crisi si manifesta in modo acuto solo al momento della separazione. Per gli altri, non c’è nulla che porti sollievo, se non la presenza di un genitore. Questi bambini non esitano ad avere comportamenti bizzosi e intemperanti, al limite del caos emotivo, anche prolungati nel tempo per diverse ore.

E’ evidente che questo disturbo ha un effetto molto negativo tanto sul bambino che sui genitori. Per il bambino, oltre a costringerlo a uno stato prolungato di paura, può provocare problemi di apprendimento, isolamento sociale e compromettere le attività ricreative e la possibilità di rilassarsi, favorendo, quindi, un ulteriore accrescimento dell’ansia. Per i genitori, d’altra parte, può comportare seri problemi nella gestione delle attività quotidiane, problemi lavorativi, disturbi del sonno. Spesso poi, l’istinto protettivo dei genitori rischia di compromettere maggiormente sia l’andamento familiare che aggravare il disturbo dei bambini, allontanandone la soluzione.

Diventa quindi estremamente importante gestire questo disturbo con l’aiuto di professionisti.

Il primo passo è prevedere una valutazione psichiatrica. L’ansia potrebbe essere associata ad altri problemi di natura emotiva e quindi un esame approfondito può essere determinate per formulare la diagnosi corretta e per iniziare il trattamento terapeutico.

A questo proposito, il trattamento più efficace è basato sulla terapia cognitivo-comportamentale (CBT). Questa terapia aiuta sia i genitori che i figli e favorisce l’indipendenza e la fiducia in se stessi, abituando gradualmente i bambini a situazioni di separazione, in modo da favorire l’aumento della capacità di tollerare e accettare questi momenti.

La terapia è tanto più efficace quanto più coordinata con gli adulti che interagiscono con il paziente. Genitori, in primo luogo, ma anche insegnati, baby sitter, nonni e altri adulti con presenza costante nell’ambiente quotidiano del bambino.

Nei casi più gravi, un attento e limitato uso di farmaci può essere necessario per sedare il panico e contribuire a rendere le tecniche cognitive e comportamentali più facili da imparare.