Come funziona l’ipnosi?

Pubblicato il 7 aprile 2014 | Categoria: La psicoanalisi, Psicologia

Come funziona l’ipnosi?

Nonostante siano passati 200 anni da quando Franz Anton Mesmer, medico tedesco del 700 elaborò le prime basi di quella sarebbe diventata la terapia ipnotica, c’è ancora un certo alone di mistero su questa pratica, oltre a pareri piuttosto diversi negli stessi ambienti scientifici.

Mesmer, le cui teorie sono state ben presto contestate ed abbandonate, parlò di “magnetismo animale” per definire la capacità di suggestionare i pazienti e portarli ad uno stadio psichico diverso dall’abituale.

La definizione di ipnosi, dal greco Hypnos= sonno, è della metà dell’800 e si deve a James Braid, ancora convinto che la condizione ipnotica fosse una sorta di sonno indotto da elementi magnetizzatori.

La prima definizione dell’ipnosi, accettata dalla comunità scientifica, la si trova sull’ Enciclopedia Britannica del 1954, ad opera dello psichiatra del 900 Milton Erickson, che ha praticamente dedicato tutta la vita a studiare l’ipnosi clinica, pubblicando oltre 150 articoli sull’argomento.
Oggi gli studi sull’ipnosi hanno dato convincenti spiegazioni scientifiche tanto da dare piena dignità all’ipnosi clinica anche se restano ancora da dimostrare i meccanismi di funzionamento.

D’altra parte è comprensibilmente difficile dare prove inconfutabili di un meccanismo che interessa la psiche quando le modalità di funzionamento dello stesso cervello sono ancora così poco conosciute.

Resta il fatto, però, che molti psicoterapeuti ricorrono a questa tecnica ed altrettanti pazienti ne traggono beneficio e quindi sembra opportuno approfondirne la conoscenza.

A me gli occhi….!

La figura magnetica, inquietante e vagamente diabolica dell’ipnotizzatore che cattura lo sguardo e ti rende uno zombie completamente sotto controllo è ricorrente quando si parla di ipnosi, così come quella del pendolino che induce ad un sonno profondo durante il quale, completamente succubi dell’ipnotizzatore, possiamo regredire fino all’infanzia più remota. Entrambe sono del tutto prive di fondamento e frutto più della mitologia cinematografica che della scienza.

Il primo mito da sfatare è relativo alla perdita di controllo. Durante l’ipnosi non si perde affatto il controllo di se stessi e non ci si addormenta, ma tutto ciò avviene è sempre dovuto alla volontà del paziente. Tutti i terapeuti sono d’accordo nel sostenere che chi si sottopone ad ipnosi non perde mai la volontà e la capacità di comprendere quanto sta accadendo.

L’altro mito da sfatare è relativo alla figura dell’ipnotizzatore ed alle sue “particolari” capacità. Anche in questo caso gli studi accreditati hanno dimostrato che, in realtà, non esistono particolari tecniche e capacità del terapeuta, ma soltanto e semplicemente la disponibilità del soggetto ad accettare la pratica e la sua capacità di utilizzarla raggiungendo un particolare stato di “trance” indotto dalla serenità e dal rilassamento che il terapeuta aiuta a raggiungere. Oggi, infatti, non si usano oggetti più o meno magnetici come il famoso “pendolino” ma soltanto tecniche di rilassamento aiutandosi, eventualmente, con immagini.

Cosa succede durante l’ipnosi?

L’ipnosi produce una concentrazione molto forte, quasi uno stato di trance, di “sonno ad occhi aperti” in cui non si perde la consapevolezza ma sembra di vivere in una realtà diversa. Niente di strano, è una condizione che si raggiunge in molte altre occasioni, ad esempio quando siamo “catturati” dalla lettura di un libro o dalla visione di un film e nulla riesce a distoglierci.

In questa particolare situazione il subconscio prende il sopravvento sul conscio e stimola in modo diverso sia i sensi che il corpo tanto che il soggetto in stato di ipnosi può, ad esempio, percepire gusto e sapore di un cibo per il solo fatto che venga nominato. Questa condizione può essere utilizzata a fini terapeutici, ad esempio come terapia per l’ansia o per il dolore. I casi più documentati si riferiscono ai parti sotto ipnosi. Donne che hanno partorito in questa condizione riferisconodi avere vissuto tutta la fase del parto senza provare alcuna paura e dolore.

Il subconscio, inoltre, non possiede i filtri di realtà o freni inibitori portando il soggetto ipnotizzato ad eseguire, su richiesta, azioni inusuali o irrituali dal punto di vista sociale che possono dare l’impressione di essere eseguite “ a comando”. In realtà, la persona le compie di sua volontà non trovando alcun freno che possa bloccarlo, ma nessun soggetto sotto ipnosi potrà essere spinto a compiere azioni contro la sua volontà che ossano essere, per esempio, nocive per se stesso o gli altri.

In altre parole, sotto ipnosi siamo rilassati suggestionabili e disinibiti per la prevalenza dell’inconscio sul conscio.

È sempre il subconscio, che oltre che sede della fantasia è anche il nostro magazzino dei ricordi, che ci riporta in superficie immagini, luoghi, sensazioni che il nostro “conscio” ci aveva fatto dimenticare. È quello che si fa nell’ipnosi regressiva per riportare alla luce il vissuto precedente quando si pensa che possa nascondere la causa dei problemi attuali. È una terapia da usare con grande attenzione e sotto la guida ed il consiglio di uno psicoterapeuta perchè non sempre è la scelta giusta.

Come ricorda il dr. Simone Nifosi, quando il disagio psicologico è forte “.. la situazione traumatica ha radici profonde e molto dolorose nel proprio vissuto. Per questo motivo è sconsigliabile una terapia ipnotica: la presa di coscienza improvvisa di certi episodi del passato potrebbe avere risultati contrari a quelli sperati, e in ogni caso non duraturi. 
I sintomi hanno la funzione di mediare e proteggere alcune parti del tuo corpo dall’impatto con la realtà che altrimenti sarebbe vissuto in modo troppo traumatico dal proprio io”.

Cosa c’entrano Onde ed emisferi?

Per cercare verifiche scientificamente attendibili sono stati effettuati studi comparativi confrontando l’attività psicofisica di soggetti in stato di veglia con pazienti in stato di ipnosi.

Sono emerse, in effetti, significative differenze della frequenza cardiaca e del ritmo respiratorio anche se non hanno mai superato i parametri dovuti allo stato di rilassatezza in cui si trovano i soggetti sotto ipnosi.

Una traccia molto più indicativa è invece emersa dall’esame all’attività cerebrale. L’EEG ha infatti mostrato un aumento delle onde cerebrali a bassa frequenza, con corrispondente diminuzione di quelle ad alta frequenza, nei soggetti sotto ipnosi.

Le onde a bassa frequenza sono quelle associate allo stato di sonno mentre quelle ad alta frequenza corrispondono alla veglia.
Altri studi hanno interessato la corteccia cerebrale ed hanno portato a concludere che, durante l’ipnosi, diminuisce l’attività dell’emisfero sinistro ed aumenta quella dell’emisfero destro. I neurologi ritengono che l’emisfero sinistro del cervello sia quello che regola l’attività logica, la capacità di ragionare ed affrontare i problemi (il nostro conscio) mentre quello destro è sede della creatività e dell’attività impulsiva ( il nostro subconscio).

Questi dati forniscono risposte valide, anche se non esaustive, sulle teorie su cui si basa l’ipnosi clinica.